Da Roland Barthes a L’eleganza del maschio. Tirannia e retorica nel sistema della moda

Ogni puntata di questa trasmissione televisiva – in onda da qualche mese su Real Time – può essere analizzata a partire da una suddivisione in sezioni: la presentazione del candidato, l’incontro con il candidato, un momento educativo e una presentazione finale dei risultati raggiunti.

È interessante notare che, inizialmente, chi presenta il candidato, ovvero una terza persona, sottolinea le sue particolarità vestimentarie presentandole come degli errori. Errori che, linguisticamente parlando, possono essere considerati sintattici o semantici. In seguito, attraverso il dialogo con il conduttore, viene messa immediatamente in luce una necessità di “espiare” delle colpe.

La parte successiva e contenutisticamente centrale del programma consiste, per l’appunto, in un più radicale procedimento di decostruzione e ricostruzione dell’enciclopedia del candidato, nonché in un’effettiva operazione di insegnamento di un bon-ton e di una “eleganza”, basati sull’apprendimento di un codice in grado di garantire l’accesso al sistema-moda.

Questo sistema, già indagato da Roland Barthes, assume, tuttavia, un aspetto che va ben oltre quelle che molti critici del testo dell’autore francese hanno definito pallide e astratte illazioni.

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Il sistema della moda è un sistema linguistico e, in quanto tale, è determinato e determina le unità fondamentali che la semiologia barthesiana definisce come processi di significazione. Eppure, il segno di moda è, a differenza delle lingue storico-naturali, motivato e arbitrario. È elaborato da un fashion-group: dalle riviste, dalle industrie tessili… e perché no, anche dalla televisione.

È una lingua, per farla breve, che viene di volta in volta creata ex-novo (“la Moda non evolve, cambia”) ed è perciò, nella sua istituzione, esplicitazione di un atto tirannico.

L’eleganza del maschio palesa, seppur talvolta goffamente, l’operazione preliminare necessaria all’educazione al sistema-moda: la necessità di fare tabula rasa, al fine di potersi muovere su una superficie bianca e procedere con l’installazione della propria semantica e della propria sintassi. Dimensioni di un sistema simbolico il cui riferimento alla “tradizione” è per la maggior parte dei casi fittizio e ingannevole.

Da qui si assiste a un divertente paradosso: il segno di Moda, pur non ricevendo senso dal contesto, viene misurato e rintracciato attraverso la posizione (valore) in uno spazio che esso stesso crea.

Ma la moda così raccontata, una volta descritta come una semiotica a tutti gli effetti, come può essere ulteriormente definita?

A questo proposito, può esserci d’aiuto un breve paragrafo di Per una critica all’economia politica del segno di Baudrillard, all’interno del quale viene coniata l’espressione “consumo dimostrativo”, per designare quel consumo di beni di lusso funzionale all’ostentazione, alla dimostrazione di un’appartenenza di classe o di ceto.

Date queste brevi premesse, si può considerare la semiotica della moda de L’eleganza del maschio come un sistema di segni funzionale ad altro, a un qualcosa di psicologico o a un atteggiamento sociale, che eccede le indicazioni metodologiche che Barthes ascrive alla semiologia.

Alberto Sonego

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