Nuovo BMW X5. Il Boss è tornato: cedete lo passo!

Girare in bicicletta, specie se sei un osservatore accanito, ti permette di indagare la strada con curiosità, trovando inaspettati stimoli d’analisi; oltre al vantaggio di ovviare al culopeso che il lavoro intellettuale comporta. Tuttavia, si sa, girare senza un motore a scoppio sotto il sellino pone il ciclista in un’indubbia posizione di debolezza. Così, pedalata dopo pedalata, impari a riconoscere i tuoi nemici mortali: quelli da cui rifuggire per non finire asfaltato.

È inevitabile citare l’arroganza delle navette stazione-aeroporto, che perlomeno sai dove trovare, e quella ben più capillare e imprevedibile dei SUV.

Al malcapitato ciclista-pedone spesso succede di essere incalzato alle spalle da improbabili trattori urbani. Il vicoletto del centro storico è largo due metri e mezzo, il SUV ne occupa due, ma lungi dal sentirsi troppo ingombrante, il trattorista – avendo pagato a suon di finanziamenti ed evasione il proprio diritto di precedenza – accelera e ruggisce aggressivo. Cedete lo passo tu!

Grazie a uno scambio su Twitter con un lettore di Semiobo, ho pensato di provare a definire l’identità di questi veicoli, facendolo alla nostra maniera.

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Paragonato a tutte le altre auto comuni, il SUV è facilmente riconoscibile. Deriva dal fuoristrada, ma è sempre più di rado 4×4, con le linee che ne rimarcano la solidità. Non è mai a tre volumi e le sue dimensioni sono generose, seppure sempre meno. Ma attenzione: il SUV in città non va paragonato al fuoristrada, bensì all’utilitaria, da cui differisce volutamente. Sebbene esistano tanti SUV diversi tra loro, il tratto invariante di questa classe di vetture è il baricentro rialzato, con la conseguente posizione elevata del guidatore.

Stabilito cos’è un SUV rispetto alle altre auto, resta da chiarire cosa rappresenta sotto altri aspetti. Ci troviamo di fronte a un gruppo di vetture che, sebbene riconoscibili attraverso i connotati fisici descritti, portano una serie di messaggi sempre più diversificati tra loro.

Fin dalla nascita, il SUV ha rappresentato simbolicamente la pacchiana automobile dei parvenu. Perché? Il SUV ricorda il fuoristrada ma, trasportato nello spazio urbano, presenta delle caratteristiche del tutto fuori contesto. La forza e l’aggressività spropositate che ostenta non hanno utilità funzionale, caricate invece di valori immateriali tra i quali lo status e il potere del possessore.

L’automobile si dà come uno degli spazi privati per eccellenza: pensate all’irascibilità e allo spirito competitivo dei guidatori. Uno spazio privato deambulante però, situato a sua volta in un tessuto pubblico – la strada – nel quale l’interazione tra attori sociali è mediata, appunto, dalla membrana dell’auto. In altre parole, l’auto è un capo di abbigliamento materialmente e simbolicamente molto ingombrante. Non è un caso che la prima sensazione che si ha a bordo di un SUV sia di sicurezza.

Il SUV, nel suo essere aggressivo e fuori misura, porta chi lo guida a fagocitare risorse e spazi comuni, che gli altri sono costretti a cedere a proprio scapito, in un’ottica polemica e non contrattuale di gestione delle relazioni.

Il nostro lettore Fabrizio segnala indignato la campagna del nuovissimo BMW X5, già attaccata da Maurizio Caprino su Il Sole 24 Ore.

In generale, penso sia utile riuscire a contestualizzare – e non solo alimentare – le critiche. La campagna celodurista di BMW X5 “The boss is back” intanto, non brilla per originalità. Anzi, è colpevole di riaffermare l’identità dell’X5 in un’ottica di continuità: diversamente dai concorrenti, l’X5 insiste coi tanto odiati valori di supremazia sociale.

Come osservano alcuni, la scelta di BMW potrebbe essere rischiosa, poiché asseconda lo “zoccolo duro” dei clienti che di sicuro non comprano un SUV per passare inosservati. Ma la supremazia di questo modello – trasferita a chi lo acquista – è innescata ancora una volta attraverso un processo narrativo di conflitto; specie nei confronti degli altri automobilisti, che magari hanno un’utilitaria o un SUV di serie B.

Tuttavia, in tempi di crisi economica e sociale si sa, è meglio non tirare la corda. A maggior ragione se si vuole mantenere uno status quo. Nel settore dell’abbigliamento di lusso, per fare un esempio, si assiste all’occultamento delle griffe. Analogamente i SUV sono maggiormente portati a rimpicciolirsi, spacciarsi per eco-friendly, proporre valori alternativi al potere e al conflitto, arrivando addirittura ad ammiccare coi prezzi.

Davide Puca

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